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Chimere - Antonio Barbieri
a cura di Davide Sarchioni
Dal 17.06 al 31.07.2020
Nella biologia generale e soprattutto in botanica le Chimere sono organismi derivati dalla saldatura e dall'innesto di tessuti cellulari e parti differenti con caratteristiche specifiche. Analogamente, nella mitologia greca la Chimera era un mostro con testa e corpo di leone, dotato di una seconda testa di capra sulla schiena e una coda di serpente.
a pratica di innestare elementi formali e materiali diversi con specifiche caratteristiche e funzioni, liberamente associabile al fenomeno del "chimerismo", ci avvicina all'affascinante e complesso immaginario che regola la ricerca artistica di Antonio Barbieri e alle dinamiche che conducono alla lettura dei suoi lavori recenti selezionati per questa mostra.
Non è un caso che l'indagine di Barbieri muove dallo studio delle forme naturali e dalla loro organizzazione, focalizzandosi sui processi biologici di trasformazione legati alle possibilità di resilienza e di adattamento di un organismo rispetto ai cambiamenti del proprio habitat.
In "Resilience", parte di un ampio nucleo di lavori elaborati anche su grandi dimensioni, la scultura si svuota della materia, ridotta a esili segmenti che disegnano rigorosi profili di alti parallelepipedi, come moderne architetture metropolitane fra le quali si fa largo una massa invisibile che costringe il ferro a flettersi. Ne scaturisce una riflessione sull'origine della forma, che lavora sul vuoto come spazio da modellare e da cui emerge l'illusione della sagoma di una figura umana.
Il rapporto tra geometria, matematica e mondo organico si evince e risulta ulteriormente approfondito in "Terraforma", una grande e armoniosa composizione totemica che cresce e prolifera in verticale seguendo la logica dei frattali e custodisce una nuova forma di vita in via di sviluppo.
L'ampio bagaglio di informazioni e di suggestioni formali da cui l'artista attinge favorisce la sperimentazione di varie tipologie compositive, partendo da quelle in cui elementi fitomorfici e geometrici, stilizzati e ornamentali sono combinati e articolati tra loro assecondando la germinazione di strutture in divenire.
In altri casi sono fotogrammetrie di forme di vita differenti, parti di animali, insetti e vegetali coerentemente assemblate insieme per originare organismi ibridi che acquisiscono la funzione di “Maschere” misteriose, simili a preziosissimi reperti di una ipotetica archeologia futuribile, ma ispirate in realtà al fenomeno del mimetismo in natura. Così la maschera “blu” presenta ali e antenne di falena; la “rossa”, il becco, i tentacoli e gli occhi della seppia; la “gialla” si ispira alle orchidee.
Oltre a una sapiente manualità, nel lavoro di Barbieri gioca un ruolo cardine l'impiego delle nuove tecnologie, di scanner sofisticati e di stampanti 3D come veicolo di studio e di ricerca per ottenere risultati sorprendenti, cogliere ciò che normalmente non sta all'evidenza dell'occhio umano e trasporlo in nuove soluzioni formali.
Come avviene in natura, anche nella scultura la forma non è fine a stessa, ma risulta legata in ogni singola parte a una specifica funzione. Partendo da tale presupposto, l'artista mira a costruire sistemi plastici plausibili ed esteticamente intriganti per scandagliare i rapporti tra forma organica e inorganica, tra naturale e artificiale, sperimentando continuamente nuovi costrutti formali per analizzare la capacità di reciproca coesistenza fra i vari elementi di cui sono costituiti e il loro successivo sviluppo, evidenziando i punti di contatto e ipotizzando ulteriori connessioni.
Un'ultima, ma significativa immersione nel mondo visionario di Barbieri è offerta dai disegni tridimensionali stampati su carta che, ispirati a scansioni di elementi fossili, sembrano forme di vita di un passato lontano trasferiti nell'era digitale.
Le “Chimere” non rimangono vane utopie o soltanto oggetti destinati alla mera contemplazione estetica, ma avvalorano le molteplici sfaccettature di una realtà in continuo mutamento, in cui natura e tecnologia possono indicare inaspettate possibilità di sopravvivenza.
Antonio Barbieri (1985, Rho) vive e lavora a Grosseto. Il suo lavoro si contraddistingue per una fusione tra tecniche artistiche legate alla tradizione e tecniche in cui usa la tecnologia.
Ha esposto in numerose mostre, tra cui le personali: La natura delle forme, a cura di Davide Sarchioni, Vetrya Corporate Campus, Orvieto nel 2019 e Tensione mimetica, a cura di Davide Sarchioni, Palazzo Petrangeli Papini, Bagnoregio (VT) nel 2017 e le collettive: There is no wind on the Moon, a cura di Giacomo Guidi, Contemporary Cluster, Roma nel 2020; Tecnica mista su carta, a cura di Davide Sarchioni, galleria Il Frantoio, Capalbio e Forever never comes, a cura di Lapo Simeoni, area archeologica di Roselle, Grosseto nel 2018; TU35 – geografie dell'arte emergente in Toscana, a cura di Pietro Gaglianó, Officina giovani, Prato e Fuori!, presso Kunstwerkstatt Marzahn, Berlino nel 2015
a cura di Davide Sarchioni
Dal 17.06 al 31.07.2020
Nella biologia generale e soprattutto in botanica le Chimere sono organismi derivati dalla saldatura e dall'innesto di tessuti cellulari e parti differenti con caratteristiche specifiche. Analogamente, nella mitologia greca la Chimera era un mostro con testa e corpo di leone, dotato di una seconda testa di capra sulla schiena e una coda di serpente.
a pratica di innestare elementi formali e materiali diversi con specifiche caratteristiche e funzioni, liberamente associabile al fenomeno del "chimerismo", ci avvicina all'affascinante e complesso immaginario che regola la ricerca artistica di Antonio Barbieri e alle dinamiche che conducono alla lettura dei suoi lavori recenti selezionati per questa mostra.
Non è un caso che l'indagine di Barbieri muove dallo studio delle forme naturali e dalla loro organizzazione, focalizzandosi sui processi biologici di trasformazione legati alle possibilità di resilienza e di adattamento di un organismo rispetto ai cambiamenti del proprio habitat.
In "Resilience", parte di un ampio nucleo di lavori elaborati anche su grandi dimensioni, la scultura si svuota della materia, ridotta a esili segmenti che disegnano rigorosi profili di alti parallelepipedi, come moderne architetture metropolitane fra le quali si fa largo una massa invisibile che costringe il ferro a flettersi. Ne scaturisce una riflessione sull'origine della forma, che lavora sul vuoto come spazio da modellare e da cui emerge l'illusione della sagoma di una figura umana.
Il rapporto tra geometria, matematica e mondo organico si evince e risulta ulteriormente approfondito in "Terraforma", una grande e armoniosa composizione totemica che cresce e prolifera in verticale seguendo la logica dei frattali e custodisce una nuova forma di vita in via di sviluppo.
L'ampio bagaglio di informazioni e di suggestioni formali da cui l'artista attinge favorisce la sperimentazione di varie tipologie compositive, partendo da quelle in cui elementi fitomorfici e geometrici, stilizzati e ornamentali sono combinati e articolati tra loro assecondando la germinazione di strutture in divenire.
In altri casi sono fotogrammetrie di forme di vita differenti, parti di animali, insetti e vegetali coerentemente assemblate insieme per originare organismi ibridi che acquisiscono la funzione di “Maschere” misteriose, simili a preziosissimi reperti di una ipotetica archeologia futuribile, ma ispirate in realtà al fenomeno del mimetismo in natura. Così la maschera “blu” presenta ali e antenne di falena; la “rossa”, il becco, i tentacoli e gli occhi della seppia; la “gialla” si ispira alle orchidee.
Oltre a una sapiente manualità, nel lavoro di Barbieri gioca un ruolo cardine l'impiego delle nuove tecnologie, di scanner sofisticati e di stampanti 3D come veicolo di studio e di ricerca per ottenere risultati sorprendenti, cogliere ciò che normalmente non sta all'evidenza dell'occhio umano e trasporlo in nuove soluzioni formali.
Come avviene in natura, anche nella scultura la forma non è fine a stessa, ma risulta legata in ogni singola parte a una specifica funzione. Partendo da tale presupposto, l'artista mira a costruire sistemi plastici plausibili ed esteticamente intriganti per scandagliare i rapporti tra forma organica e inorganica, tra naturale e artificiale, sperimentando continuamente nuovi costrutti formali per analizzare la capacità di reciproca coesistenza fra i vari elementi di cui sono costituiti e il loro successivo sviluppo, evidenziando i punti di contatto e ipotizzando ulteriori connessioni.
Un'ultima, ma significativa immersione nel mondo visionario di Barbieri è offerta dai disegni tridimensionali stampati su carta che, ispirati a scansioni di elementi fossili, sembrano forme di vita di un passato lontano trasferiti nell'era digitale.
Le “Chimere” non rimangono vane utopie o soltanto oggetti destinati alla mera contemplazione estetica, ma avvalorano le molteplici sfaccettature di una realtà in continuo mutamento, in cui natura e tecnologia possono indicare inaspettate possibilità di sopravvivenza.
Antonio Barbieri (1985, Rho) vive e lavora a Grosseto. Il suo lavoro si contraddistingue per una fusione tra tecniche artistiche legate alla tradizione e tecniche in cui usa la tecnologia.
Ha esposto in numerose mostre, tra cui le personali: La natura delle forme, a cura di Davide Sarchioni, Vetrya Corporate Campus, Orvieto nel 2019 e Tensione mimetica, a cura di Davide Sarchioni, Palazzo Petrangeli Papini, Bagnoregio (VT) nel 2017 e le collettive: There is no wind on the Moon, a cura di Giacomo Guidi, Contemporary Cluster, Roma nel 2020; Tecnica mista su carta, a cura di Davide Sarchioni, galleria Il Frantoio, Capalbio e Forever never comes, a cura di Lapo Simeoni, area archeologica di Roselle, Grosseto nel 2018; TU35 – geografie dell'arte emergente in Toscana, a cura di Pietro Gaglianó, Officina giovani, Prato e Fuori!, presso Kunstwerkstatt Marzahn, Berlino nel 2015